La valutazione quantitativa del dispendio energetico del muscolo ed il suo rapporto con il lavoro e la potenza permettono di determinare la capacità che il cavallo atleta ha di eseguire un esercizio fisico. L’energia viene comunemente definita come la capacità di compiere lavoro. Tra le diverse forme di energia che maggiormente interessano lo svolgimento di attività fisica ricordiamo l’energia meccanica e l’energia chimica. Per comprendere queste due forme di energia possiamo considerare un cavallo che corre, cioè che compie un lavoro meccanico mediante l’accelerazione del suo centro di gravità in direzione frontale. L’energia che produce questo movimento viene definita energia cinetica. L’energia cinetica o di movimento è dovuta al processo di conversione a livello muscolare di una parte di energia, chiamata energia chimica, posseduta da alcuni composti ad elevato contenuto energetico. La contrazione muscolare pertanto, risulta sostenuta durante tutte le sue fasi dalla continua trasformazione dell’energia chimica contenuta nella molecola di ATP in energia meccanica e dal rifornimento, mediante i processi di risintesi, del nucleotide consumato durante l’evento contrattile.
Tutte le attività sportive, siano esse anaerobiche o aerobiche, sono caratterizzate da precise risposte metaboliche correlate all’intensità e alla durata dell’esercizio fisico svolto. Attualmente, tutte le fonti energetiche coinvolte in questo processo metabolico sono ben conosciute, infatti, è noto che l’energia necessaria al lavoro muscolare derivi, in modo percentualmente diverso, dall’ossidazione dei carboidrati, dei lipidi e delle proteine. Appare dunque centrale il ruolo dell’ossigeno, la cui ridotta disponibilità “obbliga” l’organismo a servirsi della sola fonte energetica utilizzabile per via anaerobica, ovvero e i carboidrati. Questo processo, noto come glicolisi, esita nella produzione di acido lattico. In presenza di ossigeno sia i carboidrati sia i lipidi, rimangono i substrati metabolici preferenzialmente utilizzati dal muscolo in attività e, nel metabolismo aerobico, l’energia che deriva dalla loro ossidazione si accompagna a incrementi modesti di lattato ematico. La via aerobica, inoltre, permette una completa utilizzazione dei substrati lipidici, essenzialmente rappresentati dagli acidi grassi liberi plasmatici, mentre è ormai ben noto che in presenza di un aumento del lattato ematico, a causa di una maggiore utilizzazione di carboidrati nella via glicolitica, si ha una ridotta mobilizzazione degli acidi grassi dal tessuto adiposo e, di conseguenza, una loro minore disponibilità a livello del muscolo, per il quale rappresentano il substrato a più alto rendimento energetico. in termini di preferenziale. Relativamente alle modificazioni del quadro metabolico lipidico un’ importanza particolare assume, soprattutto per quanto riguarda i valori basali, il tipo di allenamento che il cavallo atleta ha effettuato. Infatti, sono state dimostrate concentrazioni più elevate di trigliceridi a livello del tessuto muscolare nel cavallo allenato rispetto al sedentario. Il fabbisogno lipidico nel cavallo atleta assume, pertanto, carattere di “essenzialità” e in particolare per gli acidi grassi linoleico ed alfa-linolenico e per i loro derivati, la cui aliquota risulta superiore al 5 % delle calorie assunte nell’arco delle ventiquattro ore; per la restante parte della quota lipidica sono preferibili gli acidi grassi ad elevato numero di insaturazioni e protetti da adeguate quantità di tocoferoli, antiossidanti e vitamina E; quest’ultima, in particolare, esercita un ruolo importante nei meccanismi che regolano gli scambi attraverso le membrane. Alla luce delle attuali conoscenze possiamo ben dire che l’esercizio aerobico è sostenuto, in maniera adeguata alla sua intensità e durata, dall’energia prodotta dagli acidi grassi a lunga catena; basti pensare che, per esempio, nella corsa di durata, in un atleta umano, il QR scende gradualmente avvicinandosi a quel valore 0,7 che indica la quasi totale dipendenza energetica dai lipidi.
Anche nel Cavallo gli acidi grassi non esterificati (NEFA), costituiscono la principale fonte di energia durante il riposo e al passo. I lipidi vengono depositati principalmente nel tessuto adiposo, negli adipociti, sotto forma di trigliceridi e qui rappresentano un deposito “non diluito” di energia. Molecole idrofobiche per eccellenza, i trigliceridi al contrario del glicogeno, mantengono il rapporto energia/peso idratato delle loro riserve molto elevato.
Per quanto riguarda l’esercizio fisico possiamo dire che il contributo metabolico dei grassi dipende da diversi fattori e, soprattutto dall’intensità, dalla durata dell’esercizio e dal grado d’allenamento del soggetto. In linea di massima si può dire che il contributo dei lipidi è inversamente proporzionale all’intensità del lavoro e direttamente proporzionale alla sua durata, così in un esercizio sub-massimale di lunga durata, se da un lato si assiste alla deplezione dei depositi di glicogeno, dall’altro si evidenzia il concomitante incremento degli acidi grassi ematici.
Tutti gli organi, fatta eccezione per il cervello, possono utilizzare i lipidi a scopo energetico e, fra i vari tessuti, i migliori fruitori, sono il tessuto muscolare e il miocardio.
Ad essi gli acidi grassi possono, teoricamente, giungere da tre diverse fonti:
– dai trigliceridi del tessuto adiposo, mobilitati dall’azione catalitica della lipasi ormono-sensibile;
– dai chilomicroni e dalle VLDL, per azione catalitica della lipoproteina lipasi;
– dai NEFA ematici.
Nel soggetto allenato e principalmente nel lavoro submassimale, le modificazioni metaboliche che inducono a una maggiore utilizzazione dei grassi da parte del muscolo, possono essere dovute:
– a modificazioni enzimatiche, soprattutto a carico della lipoproteina lipasi muscolare che con un adeguato allenamento aerobico triplica la sua attività;
– alle aumentate capacità ossidative: aumentano di dimensione le fibre a maggiore capacità ossidativa (fibre I); aumentano dimensioni e numero dei mitocondri ed il numero e l’attività degli enzimi della beta-ossidazione;
– all’aumentata capillarizzazione: essa, permettendo un più lungo tempo di transito del sangue, consentendo una maggiore captazione degli acidi grassi da parte della miocellula.
Volendo riassumere brevemente i vantaggi della metabolizzazione dei lipidi nell’esercizio fisico, si può dire che:
– i grassi sono altamente calorici e pertanto attraverso il loro catabolismo si libera una notevole quantità di energia (9,3 kcal/g);
– costituiscono ampie riserve in siti diversi dell’organismo;
– sono una sorgente stabile d’energia che può essere mobilizzata al momento opportuno;
– implicano un aumento dell’ATP che inibisce allostericamente la fosfofruttochinasi e la piruvico chinasi, rallentano il flusso glicolitico del glucosio e del glicogeno, salvaguardando le riserve organiche di quest’ultimo da una precoce deplezione.
Gli svantaggi sono invece rappresentati:
– dal minore valore calorico dei depositi lipidici intramuscolari, rispetto ai depositi di glicogeno;
– dalla loro utilizzazione solo attraverso la via aerobica;
– dalla loro insolubilità in acqua e dalla sede prevalentemente extramuscolare che non ne facilita il trasporto ai muscoli, per cui essi non immediatamente disponibili all’inizio dell’esercizio;
– dalla loro impossibilità ad essere usati come unica fonte di energia, tranne che per un lavoro di carico modesto;
– dal minore valore calorico ottenuto per litro di O2 (4,6 kcal/l O2,contro le 5,1 kcal/l di O2 fornito dai glucidi). Quest’ultimo dato è solo in apparente contrasto con quanto precedentemente detto circa il maggiore valore energetico dei lipidi rispetto ai glucidi. Infatti se è vero che questi ultimi forniscono solo 4,1 kcal/g, rispetto alle 9,3 kcal/g dei lipidi, tuttavia a livello di rendimento energetico non conta tanto questo valore assoluto, quanto il valore calorico ottenuto per litro di O2 consumato.
Indispensabile per l’esecuzione di un esercizio submassimale di lunga durata, il metabolismo lipidico non è stato ancora preso in sufficiente considerazione nel cavallo atleta. Forse per il fatto che i depositi lipidici del cavallo sono di gran lunga inferiori rispetto a quelli dell’uomo, forse perché si ipotizza che ciò non costituisca fattore limitante nello sforzo di durata, nell’atleta equino l’attenzione dei ricercatori è stata monopolizzata in direzione del metabolismo glucidico. Alla luce dei progressi che la medicina sportiva del cavallo ha conseguito, appare oggi della massima importanza cambiare rotta e approfondire in maniera più analitica quale sia il contributo che la quota lipidica fornisce durante l’esercizio fisico, allo scopo di valutarne il ruolo a livello della performace e di conoscerne i fabbisogni reali nel cavallo impegnato in allenamento e, soprattutto, in prestazioni di lunga durata.
Bibliografia
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