La fisiologia e la biochimica dell’esercizio sono aree di studio importanti legate alla medicina sportiva. La fisiologia si occupa delle risposte che il cavallo attua durante l’esercizio e di come queste risposte possano essere modificate e migliorate con una serie di interventi che includono l’allenamento, il periodo di riposo e i piani nutrizionali. Lo studio della fisiologia dell’esercizio richiede spesso la determinazione di parametri fisici e biochimici. Tali determinazioni aiutano a descrivere l’intensità dell’esercizio e sono fondamentali per la valutazione delle performance.
La biochimica dell’esercizio si occupa dello studio dei cambiamenti indotti dall’attività fisica sulle cellule e sui loro componenti, di come le cellule provvedono a produrre energia per l’esercizio, di quale tipo di “carburante” viene utilizzato durante i diversi tipi di attività sportiva.
La capacità di effettuare un lavoro muscolare non può prescindere dall’integrità funzionale dei sistemi neuro-sensoriali ed energetici, strettamente connessi fra loro e con il sistema umorale. Effettivamente, l’esecuzione ed il mantenimento dell’esercizio fisico, sia durante l’allenamento che nelle competizioni sportive, dipendono dall’attività integrata di numerosi sistemi del corpo con conseguenti notevoli cambiamenti dello stato basale.
L’esercizio fisico rappresenta, quindi, una fonte di stress inteso come alterazione dell’equilibrio omeostatico del soggetto, che coinvolge la componente fisica e metabolica. Queste componenti subiscono delle modificazioni allo scopo di adeguare fisiologicamente l’individuo alla nuova condizione “ambientale” e nel complesso determinano la cosiddetta fitness o stato di adattamento dell’organismo. Nel caso in cui questi stimoli stressanti, legati all’esercizio, siano troppo pesanti, troppo prolungati nel tempo e/o seguiti da un periodo di riposo insufficiente, l’animale non riesce più a mantenere l’omeostasi e può insorgere uno stato di sovraffaticamento che inizialmente si manifesta solo con riduzione delle performance, ma che può sfociare in una vera e propria condizione patologica: si può creare quindi una situazione di distress.
I meccanismi all’origine dell’esaurimento fisico negli esercizi particolarmente intensi sono diversi da quelli che possono derivare da esercizi di più lunga durata con intensità moderate.
Nel primo caso, la causa fondamentale è rappresentata dall’accumulo di acido lattico e protoni nei muscoli con conseguente abbassamento del pH che agisce inibendo sia l’utilizzo del calcio nella fase di rilassamento muscolare, sia l’attivazione degli enzimi necessari per la sintesi dell’ATP (fosfofruttokinasi).
In condizioni di riposo la concentrazione ematica di lattato nei cavalli atleti oscilla fra 0.5 – 0.9 mmol/L.
Al termine di un esercizio la sua concentrazione continua ad aumentare raggiungendo il picco ematico dopo circa 2-10 minuti. Il lattato rappresenta ancora una buona fonte energetica e, mentre durante l’esercizio viene utilizzato soprattutto dal fegato per produrre glucosio, dal cuore per produrre energia e in parte dalle fibre muscolari di tipo 1, dopo la fine dell’esercizio, durante la fase di defaticamento, viene ossidato dalle masse muscolari. La quota di lattato rimossa dal circolo dipende dallo stato metabolico del soggetto. A riposo la quota di energia necessaria è bassa, ma se durante questa fase il cavallo esegue un esercizio molto leggero, il consumo di ossigeno cresce e si assiste all’ossidazione dell’acido lattico. È stato osservato che dopo un allenamento su treadmill ad alta velocità, la vita media del lattato può ridursi del 50% se il cavallo viene sottoposto ad una fase di defaticamento al passo.
In esercizi molto intensi, i cavalli devono utilizzare soprattutto la via anaerobica di produzione energetica accelerando il metabolismo anaerobico del glicogeno (glucosio immagazzinato nel muscolo).
A intensità di esercizio superiori a quelle che determinano un consumo di ossigeno pari al 65-85% della massima potenza aerobica del soggetto (VO2max), la quantità di lattato prodotto dai muscoli con la glicolisi anaerobica inizia ad aumentare, si diffonde nel torrente circolatorio e determina un aumento della sua concentrazione ematica.
E’ possibile in corso di esercizio fisico, eseguendo il dosaggio del lattato ematico, stabilire qual è il momento di passaggio tra una produzione di energia attraverso la via aerobica del metabolismo e la produzione di energia anaerobica. Si può individuare questo punto di passaggio, definito soglia anaerobica, rilevando concentrazioni di lattato ematico uguali o superiori a 4 mmol/l (Figura 1).
Da un punto di vista metabolico possiamo dire che, fino al raggiungimento di questa soglia, esiste un equilibrio tra la quota di lattato liberato dal muscolo nel torrente circolatorio e la quota utilizzata dai tessuti. Con il raggiungimento della soglia anaerobica, il suddetto equilibrio viene meno ed il lattato ematico subisce una crescita esponenziale. Inoltre, il valore soglia di lattato ematico corrisponde anche alla saturazione dei sistemi di trasporto del lattato dalla fibra muscolare allo spazio extracellulare, risultandone un suo accumulo esponenziale all’interno della cellula. Questo valore derivato sostanzialmente dalla medicina sportiva umana, è utilizzato anche per valutare la performance nel cavallo, associandolo ai valori di velocità e frequenza cardiaca raggiunte a livello della soglia anaerobica e indica la velocità massima che il cavallo può raggiungere prima che i meccanismi di smaltimento dell’acido lattico siano saturati. Un soggetto con soglia anaerobica elevata mostra una resistenza alla comparsa della fatica in quanto ha una maggiore capacità di trasporto ed utilizzo dell’ossigeno e sfrutta la produzione aerobica di energia ritardando l’accumulo di acido lattico nel sangue.
Un adeguato allenamento dell’atleta, permette di ritardare l’affaticamento muscolare, aumentare il tempo di resistenza all’esercizio di natura sia aerobica che anaerobica, migliorando, di conseguenza, la performance.
Anche un’alimentazione bilanciata e oppurtunatamente integrata può giocare un ruolo di notevole importanza nel miglioramento della performance atletica. Un cavallo sottoposto a un lavoro più o meno intenso ha bisogno di una dieta che gli fornisca, oltre all’energia per il suo mantenimento, anche l’energia supplementare richiesta dal lavoro svolto. È importante conoscere il valore nutrizionale degli alimenti, cioè la quantità di energia e proteina contenuti in un certo alimento, in modo da poter preparare diete equilibrate per il cavallo, anche tenendo conto del tipo di animale, delle sue dimensioni, della quantità e del tipo di attività fisica svolta e della sua capacità di ingestione. Le principali fonti energetiche derivanti dalla dieta comprendono: carboidrati fermentescibili e solubili, proteine, oli e grassi.
È noto che i grassi sono una preziosa fonte di energia per i muscoli, soprattutto quando si tratta di affrontare uno sforzo lento e prolungato, tipico di una gara di fondo. È stato dimostrato che i cavalli che assumono abitualmente grassi con l’alimentazione presentano una maggiore predisposizione a mobilizzare il grasso corporeo e una minore tendenza ad accumulare acido lattico durante il lavoro. I grassi, infatti, aumentano la resistenza, forniscono energia e allo stesso tempo esercitano un’azione calmante sul cavallo, riducono la probabilità di incorrere in determinati problemi metabolici e riducono il carico di calore (temperatura) nel cavallo.
Inoltre, il grasso è una buona fonte di importanti elementi nutritivi liposolubili, come acidi grassi essenziali e vitamine liposolubili (soprattutto vitamina E).
Tra gli acidi grassi essenziali, gli omega 3 e in particolare, l’acido ecosapentaenoico (EPA, 20:5 omega 3) e l’acido docoesaenoico (DHA, 22:6 omega3) sono i composti più importanti.
Le cellule dei mammiferi sono privi di sistemi enzimatici (denaturasi) necessari per l’inserimento dei doppi legami nella catena carboniosa dell’acido grasso. Pertanto, non potendo essere sintetizzati ex novo dall’organismo animale, gli acidi grassi polinsaturi devono necessariamente essere introdotti con la dieta e pertanto sono definiti “essenziali”. Diversi alimenti sia di origine vegetale che animale, contengono acidi grassi essenziali. L’olio di semi di lino e l’olio di pesce, ad esempio, rappresentano gli alimenti fonte di acidi grassi polinsaturi più comunemente utilizzati come integratori alimentari nella specie equina. Tuttavia, l’olio di pesce determina un incremento maggiore della concentrazione plasmatica di EPA e DHA rispetto all’olio di semi di lino.
Secondo una recente ricerca condotta sull’uomo, l’assunzione di omega 3 (principalmente EPA e DHA) a elevato standard di purezza e concentrazione è di aiuto nel contrastare l’affaticamento muscolare, migliorare la prestazione e aumentare l’efficienza dei muscoli direttamente coinvolti nel gesto atletico. Alla luce dei risultati positivi ottenuti sull’uomo e su altre specie animali, la ricerca scientifica, ed in particolare la medicina sportiva equina, è attiva da anni nello studio del ruolo energetico di questi acidi grassi nell’alimentazione del cavallo atleta, al fine di migliorarne le prestazioni in gara.
Numerosi studi hanno evidenziato che la somministrazione di integratori alimentari a base di olio di pesce ha un’influenza positiva sul miglioramento di alcuni parametri della performance, nel cavallo atleta.
In particolare, è emerso che, l’arricchimento della razione mediante grassi accresce l’attività degli enzimi del catabolismo dei lipidi e degli acidi grassi, favorendo, di conseguenza, l’utilizzazione dei lipidi endogeni, aumenta la capacità di ossidare i grassi, fornisce un maggior apporto energetico anche nei cavalli che compiono sforzi brevi ed intensi, riduce la formazione di acido lattico, perché induce il coinvolgimento di un numero più elevato di unità muscolari ad alto potere ossidativo (fibre muscolari IIA) a scapito delle unità glicolitico-anaerobiche (fibre muscolari IIB).
Sebbene numerosi studi abbiano dimostrato l’effetto positivo dell’integrazione con acidi grassi poliinsaturi omega 3 sull’affaticamento muscolare e sul metabolismo energetico, ad oggi sono necessari ulteriori approfondimenti per poter affermare che gli omega 3 possano migliorare la performance atletica.
In particolare, altri studi sono necessari per poter affermare quale possa essere il più corretto dosaggio, durata e timing di somministrazione.
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