La performance atletica è il risultato della corretta integrazione fra i principali sistemi funzionali coinvolti per rispondere alle richieste energetiche connesse all’attività fisica, per consentire gli adattamenti omeostatici e garantire il controllo neuro-motorio.
L’addestramento e l’allenamento del cavallo atleta vengono applicati, infatti, non solo per conseguire un miglioramento dell’efficienza dei principali sistemi biochimico-funzionali, ma anche per ottenere capacità di resistenza generale, adeguato controllo neuro-motorio e comportamentale ed elevata capacità di risposta allo stress.
In questo senso nella valutazione dell’attitudine dei soggetti all’attività competitiva e nella programmazione dell’allenamento al fine di migliorarne la performance atletica bisogna tener conto anche degli aspetti motivazionali, della capacità individuali di gestire lo sforzo, nonché della soglia di percezione della fatica e del dolore.
La locomozione in ogni animale ha un costo energetico e tale costo aumenta nel caso in cui un soggetto compie attività sportiva. Il consumo energetico di un cavallo atleta è dovuto essenzialmente all’aumento del lavoro dei muscoli scheletrici e, anche se in minor parte, dal maggior carico di lavoro cui vengono sottoposti gli apparati cardio-circolatorio e respiratorio.
La pratica dell’allenamento, intesa quale processo sistematico mediante il quale si modificano le capacità di prestazione dell’organismo attraverso la somministrazione adeguata di carichi di lavoro, crea le premesse biologiche per innalzarne le capacità e il livello funzionale dell’organismo dell’atleta, attraverso modificazioni morfologiche e fisiologiche sempre più stabili e consolidate, definite adattamenti all’allenamento. In questo senso l’allenamento di resistenza di lunga durata è quello che induce gli adattamenti morfologici e funzionali più significativi e stabili a carico del cuore e del circolo ematico.
Quando l’intensità, la frequenza e la durata di tale tipo di allenamento sono sufficientemente elevati, si registra un significativo aumento della massima capacità aerobica dell’atleta, ovvero del massimo consumo di ossigeno che nel cavallo purosangue inglese può raggiungere valori pari a 169 litri al minuto.
L’allenamento di resistenza di lunga durata non sembra indurre significativi effetti sulla funzione respiratoria, anche se appare evidente l’aumento della vascolarità polmonare; per contro le capacità ossidative intrinseche del muscolo scheletrico aumentano in misura largamente superiori alle reali esigenze: il numero dei mitocondri e le disponibilità di enzimi ossidativi può anche raddoppiare rispetto al normale.
Con l’allenamento è possibile incrementare le capacità metaboliche aerobiche ottimizzando l’utilizzo delle riserve di glicogeno muscolare e riducendo l’accumulo di cataboliti. Grazie a questi adattamenti il muscolo utilizza una percentuale maggiore, di lipidi risparmiando il glicogeno con una conseguente riduzione della produzione di acido lattico.
Nell’esercizio di intensità moderata (velocità inferiore a 200m/min) e di breve durata (meno di 30 minuti) il passo, con o senza sforzo di trazione, o il piccolo trotto mettono in gioco le fibre muscolari che utilizzano a scopo energetico gli acidi grassi a lunga catena, mobilizzandoli dai depositi lipidici, e in minor misura, il glucosio. In un cavallo allenato se lo sforzo di intensità moderata si prolunga per più ore, i lipidi corporei forniscono circa il 90% dell’energia utilizzata.
Nel corso di esercizi intensi, definiti sovramassimali, corrispondenti al trotto rapido (più di 400m/min) o al galoppo rapido (più di 500m/min) (o prove di salto ostacoli, cross country) o nel caso di esercizi prolungati di intensità moderata in cavalli non allenati, il consumo di ossigeno dei muscoli è superiore all’apporto di sangue. e l’organismo entra in deficit d’ossigeno. In più vi sono altri tipi di fibre muscolari messi in gioco. Queste utilizzano come fonte di energia il glucosio proveniente dal glicogeno muscolare. La degradazione del glucosio è allora incompleto e porta alla formazione del lattato che di per sé, se lo sforzo è di breve durata, può fornire l’energia necessaria a sostenere lo sforzo, ma se l’esercizio continua e permane l’ipossia, si accumula causando un rapido affaticamento muscolare. Un cavallo sottoposto a un lavoro più o meno intenso, ha bisogno quindi di una dieta che gli fornisca, oltre all’energia per il suo mantenimento, anche l’energia supplementare richiesta dal lavoro svolto.
Se un corretto allenamento è essenziale per il cavallo atleta, nondimeno importante è conoscere il valore nutrizionale degli alimenti, cioè la quantità di energia e proteina contenuti in un certo alimento, in modo da poter preparare diete equilibrate per il cavallo, anche tenendo conto del tipo di animale, delle sue dimensioni, della quantità e del tipo di attività fisica svolta e della sua capacità di ingestione. Il tasso ematico dell’acido lattico tende ad aumentare in molte situazioni in cui il cavallo è chiamato a compiere un intenso sforzo muscolare (lavoro anaerobico, massimale o sovramassimale) e il suo accumulo, oltre ad impedire un corretto funzionamento della muscolatura, ne ritarda i tempi di recupero. Abbassare il livello di acido lattico accumulatosi nei muscoli e nel sangue consente di sostenere più a lungo lo sforzo e permette un rapido recupero fisico, sia dopo l’allenamento, sia dopo una competizione sportiva.
I benefici dei lipidi come sorgente di energia per i cavalli sono oggi ampiamente accettati dagli esperti del settore. La componente lipidica è scarsa nei foraggi e quindi i lipidi potrebbero sembrare un alimento non adatto per i cavalli, ma i suoi vantaggi nutrizionali sono irrinunciabili. La parziale sostituzione nell’alimentazione dei carboidrati (amido) con i grassi può aiutare a migliorare le condizioni di muscoli doloranti; può avere ripercussioni positive sul comportamento, controllare alcune condizioni metaboliche come la resistenza all’insulina, migliorare il trofismo della pelle, del mantello e lo stato di salute generale.
Ora che i vantaggi della frazione lipidica, come fonte energetica, sono stati accettati per lo più universalmente dagli allevatori di cavalli, la ricerca sta esplorando ulteriormente come alcuni grassi possano giovare ai cavalli atleti. I ricercatori hanno focalizzato la loro attenzione su due distinte famiglie di acidi grassi: la famiglia degli omega 3 e quella degli omega 6. La famiglia degli omega-3 origina dall’ACIDO ALFA-LINOLENICO (ALA) mentre la famiglia degli omega-6 ha come precursore l’ACIDO LINOLEICO (LA). ALA e LA sono considerati “acidi grassi essenziali” perché non possono essere sintetizzati nell’organismo e devono essere assunti con la dieta.
Altri importanti membri della famiglia degli omega-3 sono l’acido grasso a lunga catena eicosapentanoico (EPA) e l’acido docosapentaenoico (DHA). I cavalli sono in grado di convertire ALA in EPA e DHA quando sono assunte quantità sufficienti di ALA, anche se questo processo non è interamente efficiente. Gli acidi grassi omega-3 ed omega-6 devono essere bilanciati nell’organismo per essere efficaci. Gli acidi grassi sono necessari per la produzione e la distribuzione degli EICOSANOIDI. Gli eicosanoidi includono i TROMBOSSANI, le PROSTAGLANDINE e i LEUCOTRIENI che hanno diversi effetti fisiologici tra i quali la regolazione della risposta infiammatoria, il mantenimento della stabilità delle membrane cellulari, lo sviluppo e il funzionamento del tessuto del sistema nervoso centrale, il trasferimento dell’ossigeno e la regolazione delle funzioni immunitarie. Un alterato equilibrio tra gli eicosanoidi derivati dagli omega 3 e dagli omega 6 può causare problemi alla salute dei cavalli. I ricercatori non hanno ancora definito il rapporto ottimale tra gli omega-3 e gli omega-6 nell’alimentazione dei cavalli. Tuttavia pur senza un rapporto esatto, le conoscenze sugli omega-3 e omega-6 e le pratiche del classico management equino accettano che nella dieta dei cavalli devono essere presenti più acidi grassi omega-3 di acidi grassi omega-6. I cavalli sono spesso alimentati con concentrati di energia sotto forma di cereali in grani e oli vegetali aggiunti. La maggior parte dei cereali in grani contiene livelli molto più elevati di acidi grassi omega-6 che di omega-3, alterando così il rapporto ottimale.
I ricercatori del settore hanno quindi iniziato a studiare i potenziali benefici dell’integrazione di omega-3 nell’alimentazione equina, riportandone risultati interessanti.
L’olio di pesce e l’olio di lino sono ricchi di omega-3. L’olio di pesce è una sorgente diretta di EPA e DHA, mentre l’olio di lino è fonte di ALA che deve essere convertito in EPA e DHA.
Infatti l’integrazione con olio di pesce, ricco in omega-3, aumenta i livelli di EPA e DHA nel siero equino e nei globuli rossi. Un aumento dell’elasticità delle pareti dei globuli rossi ne rende più facile il passaggio attraverso i capillari polmonari e muscolari, aumentando così l’apporto ematico e, di conseguenza il rifornimento di ossigeno. L’aumento dell’elasticità dei globuli rossi può inoltre ridurre l’incidenza dell’emorragia polmonare indotta da esercizio (EIPH) o il sanguinamento.
Risultati altrettanto positivi e incoraggianti sono venuti dall’utilizzazione degli acidi grassi omega 3 nel campo della riproduzione dove sono stati osservati: un aumento del numero degli spermatozoi nel seme, effetti benefici sugli estri e sulla frequenza delle gravidanze, una maggiore reattività del sistema immunitario dei puledri.
Inoltre, pur non ottenendo un aumento della mobilità nei cavalli affetti da artrosi, l’integrazione con gli acidi grassi omega-3 sembrerebbe ridurre l’infiammazione delle articolazioni nei cavalli affetti da disturbi articolari che presentano un minor numero di leucociti nel liquido sinoviale.
Pertanto sarebbe auspicabile l’utilizzo di integratori a base di acidi grassi omega 3 nella dieta del cavallo al fine di prevenire eventuali alterazioni dell’omeostasi funzionale e per migliorare la performance atletica.
Bibliografia
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